Giorgio Mancuso – pressenza.com
Sabato 17 settembre, presso la Sala Poli del Centro Studi Sereno Regis si è tenuto il convegno Verso un mondo libero dalle armi nucleari, primo di due appuntamenti organizzati dal coordinamento AGite nell’ambito del Festival della nonviolenza e della resistenza civile.
Zaira Zafarana ha moderato il dibattito per AGITE tra i relatori presenti:
Leo Hoffmann-Axthelm (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons – ICAN) che è intervenuto su Lo scenario internazionale del Trattato di proibizione delle armi nucleari – TPAN dopo Vienna.
Lisa Clark (Rete Italiana Pace e Disarmo), intervenuta su Lo scenario nazionale, tra attivismo e possibile azione politica.
Prof. Massimo Zucchetti (Politecnico Torino) intervenuto su Il nucleare nascosto. Il dual use nella ricerca e nella formazione scientifica.
La presenza di Leo Hoffmann-Axthelm, rappresentante di ICAN a Bruxelles, ha consentito di approfondire alcune tematiche relative al trattato TPNW ed alla conferenza di Vienna.
I risultati della conferenza di Vienna
Nella settimana dal 18 al 23 giugno si è tenuta a Vienna la Nuclear Ban Week prima conferenza dei paesi firmatari del TPNW (o TPAN – Trattato per la proibizione delle Armi Nucleari) durante la quale sono stati organizzati diversi momenti di approfondimento delle tematiche legate alle armi nucleari.
Leo Hoffmann-Axthelm ha cercato di fare una rapida panoramica dei risultati di questa settimana di lavori; nella sezione diplomatica dedicata ai paesi firmatari l’invito è stato esteso anche ai paesi non firmatari in qualità di osservatori. Tra i paesi osservatori erano presenti le delegazioni di Svezia, Finlandia e Svizzera e anche alleati Nato come Germania, Olanda e Norvegia. Non erano presenti rappresentanti dell’Italia, malgrado un’interrogazione parlamentare che richiedeva la presenza di una delegazione italiana.
Il sostanziale accordo tra i paesi firmatari ha consentito di lavorare speditamente sui temi all’ordine del giorno permettendo di precisare alcuni dettagli legali del trattato: ad esempio, se un paese con armamento nucleare entra nel trattato ha un tempo di trent’anni per smantellare il suo arsenale e riconvertire l’apparato industriale legato a questo tipo di armi; un paese che invece ospita armi nucleari di terzi ha novanta giorni per restituire le testate al proprietario una volta ratificato il trattato; i paesi firmatari hanno l’obbligo di effettuare missioni diplomatiche verso i paesi non firmatari per spingerli alla ratifica, questo per facilitare la firma in quei paesi in cui non è possibile generare una pressione in tal senso da parte dell’opinione pubblica.
In questo modo il trattato è stato completato con le procedure e i percorsi legali che ancora mancavano.
Il rapporto tra il TPNW e la NATO
Occorre innanzitutto considerare che non esiste nessuna pregiudiziale legale alla firma del TPNW per un paese appartenente alla NATO, come dimostra uno studio di ICAN.
Il fatto che una parte della deterrenza della NATO sia legato alla presenza di armi nucleari ha fatto sì che l’alleanza militare abbia sempre avuto una posizione critica rispetto al trattato con motivazioni legate alla sua presunta incompatibilità con il trattato TNP che però si sono via via depotenziate.
Le aperture diplomatiche rispetto al trattato manifestate a Vienna dalla Germania lasciano prevedere un ammorbidimento delle posizioni nella stessa NATO.
Il rapporto tra il TPNW e la TNP
Una delle accuse principali al trattato per la proibizione delle armi nucleari è quella che depotenzia un altro trattato delle Nazioni Unite, il trattato di non proliferazione nucleare (TNP), in vigore dal 1960; quest’ultimo trattato è in realtà in crisi da diversi anni, tanto che la recente conferenza di revisione che si è tenuta ad agosto di quest’anno è fallita miseramente.
Da un punto di vista positivo, il TPNW si può considerare uno sviluppo dell’articolo 6 del TPN, quello relativo al disarmo nucleare, troppo vago ed abbozzato per essere risolutivo.
L’approccio umanitario al problema delle armi nucleari
Il TPNW deve la sua nascita ad un approccio innovativo al problema delle armi nucleari, considerate per la prima volta una questione umanitaria impossibile da gestire piuttosto che una questione di deterrenza strategica. Questo approccio è stato mantenuto nella riunione di Vienna con l’organizzazione, da parte del governo austriaco, di una conferenza sull’impatto umanitario delle armi atomiche; a questa conferenza ha partecipato una delegazione italiana.
In questa conferenza si è ribadito che l’uso delle armi nucleari è equiparabile ad un crimine di guerra, che nessuna organizzazione umanitaria a nessun livello sarebbe in grado di gestire le conseguenze di un conflitto nucleare anche su scala locale, che persino il rischio di un conflitto nucleare con queste premesse è inaccettabile e che l’unica soluzione e l’azzeramento del rischio, ovvero il bando di tutte le armi nucleari.
La campagna Italia Ripensaci
Lisa Clark della Rete Pace e Disarmo ha brevemente raccontato la genesi della campagna Italia Ripensaci, partita nel 2017 dal voto contrario della rappresentanza italiana all’ONU alla proposta di creare una commissione per discutere di un eventuale trattato per il bando delle armi nucleari; quando arrivò la notizia si pensò ad un errore, data la tradizione italiana nell’appoggiare campagne internazionali per il bando di armi, dalle mine antiuomo, alle bombe a grappolo per citare alcuni esempi.
In realtà non si trattava di un errore, ma di una precisa strategia, da lì l’idea di chiedere all’Italia di ripensare alle sue decisioni, da quella di non autorizzare la discussione sul TPNW fino a quella di non firmare il trattato. La campagna fu organizzata con lo stile di ICAN, permettendo una partecipazione a tutti i livelli e per tutte le competenze: diplomatici, medici, giuristi, meteorologi, politici, gente comune.
Nella campagna Italia Ripensaci non c’è un nemico, ma una visione che eviti la distruzione del genere umano, non quella del pianeta che potrebbe essere in grado di sopravvivere anche senza di noi.
Per il suo lavoro nella definizione del TPNW, ICAN ricevette nel 2017 il premio Nobel per la Pace, in base a tre motivazioni:
- Il TPNW rende operativa la primissima risoluzione dell’ONU, che auspicava il disarmo nucleare
- Il TPNW nasce come proposta della società civile in accordo con lo spirito dell’incipit dello Statuto delle Nazioni Unite “Noi, popoli delle Nazioni Unite”
- Il TPNW ha introdotto un processo democratico all’interno della Nazioni Unite facendo prevalere gli interessi della maggioranza dei paesi contro il parere dei paesi più potenti
Nel processo di definizione del trattato e nelle campagne ad esso collegate è stata fondamentale la testimonianza dei sopravvissuti alle armi atomiche, dagli hibakusha giapponesi agli abitanti delle zone oggetto dei test nucleari degli ultimi decenni.
Gli aspetti locali della questione nucleare
Il professor Zucchetti ha cercato di riportare la discussione ad un livello locale, partendo dall’articolo 11 del manifesto per l’integrità della ricerca del Politecnico di Torino che recita
Promuoviamo in particolare un utilizzo a fini pacifici della ricerca e della tecnologia, ripudiamo la guerra e l’utilizzo a scopi bellici della tecnologia e dei risultati delle nostre ricerche.
Questo dovrebbe impedire ai ricercatori del politecnico di lavorare su applicazioni militari ed in questo senso il prof. Zucchetti, come referente dell’integrità della ricerca, ha pensato l’articolo.
Il progetto di implementare un incubatore del progetto DIANA a Torino con il supporto del Politecnico, prima presso le OGR e poi nel polo aerospaziale di Collegno, è chiaramente incoerente rispetto all’articolo 11 del manifesto, per questo, alle proteste del prof. Zucchetti è seguita la sua destituzione da referente dell’integrità della ricerca.
Esistono su internet delle applicazioni in grado di simulare i risultati di un attacco nucleare in una qualsiasi zona del mondo, facendo previsioni sul numero di morti e di feriti, le zone del fallout radioattivo ecc: il professor Zucchetti ci ha mostrato l’impressionante simulazione dell’esplosione di un missile russo a medio potenziale nella zona di Collegno che, per il suo ospitare l’incubatore del progetto DIANA, diventerà un obiettivo militare.