Foto di Stefano Finotti
Giorgio Mancuso – publicato su Pressenza
La tradizionale commemorazione per il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki è diventata una piazza di confronto fra le varie anime del pacifismo torinese, allargando il dibattito delle presenze di pace organizzate tutti i sabati dal Coordinamento AGITE.
Durante la serata si è cercato di mantenere il tema degli interventi sul disarmo nucleare, sul ricordo dalle tragedie atomiche di Hiroshima e Nagasaki e sulla persistenza di quegli eventi sia in termini di pericolo atomico che in termini di conseguenze che si trascinano ancora oggi.
Enrico Peiretti ha ricordato la tragedia umana di Claude Eatherly, pilota statunitense che partecipò alla missione su Hiroshima, sconvolto dalla distruzione causata dall’arma che ha contribuito a far esplodere sui cieli del Giappone[1].
Nell’intervento di Cristina Gamba di Un ponte per si è ricordato l’impatto devastante sulla popolazione delle Isole Marshall delle 67 esplosioni nucleari fatte dagli USA nell’arcipelago, impatto la cui gravità ha spinto ad aggiungere degli articoli specifici al Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN) in difesa delle popolazioni colpite non solo dai bombardamento atomici in sé, ma dai successivi esperimenti nucleari in atmosfera fatti per mantenere efficienti e aggiornati gli arsenali.
Chie Wada di Ponte fra Italia e Giappone – Tomoamici ha contribuito al ricordo della tragedia atomica sulle città giapponesi cantando due canzoni giapponesi sull’argomento, il cui testo è stato preventivamente letto ed illustrato in italiano.
Giampiero Leo ha portato la solidarietà e l’appoggio al lavoro del coordinamento AGITE da parte Comitato per i diritti umani e civili della Regione Piemonte e del coordinamento interconfessionale.
Sono inoltre brevemente intervenuti Fausto Cristofari (Rifondazione Comunista) e Jessica Vargas (Coordinamento contro la terza guerra mondiale)
Zaira Zafarana (MIR-MN, IFOR), che ha gestito la scaletta della serata, ha ricordato la campagna in difesa degli obiettori di coscienza ucraini, russi e bielorussi con la proposta dell’International Peace Bureau di assegnare alle associazioni di obiettori di queste tre nazioni il Premio Nobel per la Pace; ha inoltre evidenziato le recenti minacce ed accuse all’obiettore Yurii Sheliazhenko da parte del Servizio di Sicurezza dell’Ucraina.
Daniela Brina della Casa Umanista ha concluso la serata con un breve momento di meditazione.
Il coordinamento AGITE dal 2017 rappresenta il tentativo di far convergere su un tema vitale (il disarmo nucleare) tutte le forze possibili; nella mia esperienza di lavoro con i coordinamenti torinesi rappresenta uno dei tentativi più longevi ed efficaci in questo senso, anche se non bisogna nascondere le difficoltà che un tale processo porta con sé, soprattutto quando si tenta di spostare il focus dal disarmo nucleare, tema su cui è difficile non essere d’accordo, ai temi del contrasto alle guerre, della risoluzione nonviolenta dei conflitti, della nonviolenza in genere e del cambiamento culturale necessario per uscire dalla cultura bellicista su cui le armi nucleari basano la loro fortuna.
Da questo spostamento di focus nascono le principali divergenze in termini di analisi e di proposte; si potrebbe obiettare che una soluzione sarebbe mantenere l’interesse solo sul tema specifico (il disarmo nucleare) senza cercare di ampliare il punto di vista, ma sarebbe ingenuo pensare di risolvere un tema fondamentale come il disarmo nucleare senza affrontare in modo organico le questioni connesse e che in qualche modo alimentano l’idea della necessità di una deterrenza nucleare.
Malgrado le discussioni, a volte aspre, un approccio ampio e spazi di discussione aperti sono fondamentali per creare conoscenze, fiducia reciproca ed un’idea di mondo in grado di far uscire l’umanità dall’incubo nucleare.
[1] Il tema della presa di coscienza dei protagonisti delle imprese militari che provocano morte e distruzione è più che mai attuale e fondamentale per disarticolare dall’interno il complesso militare-industriale. Esemplare in tal senso la storia di Vito Alfieri Fontana, ex-progettista di mine antiuomo.